Best 12 quotes of Viviana Giorgi on MyQuotes

Viviana Giorgi

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Bevve un sorso di caffè e si sporse in avanti per ravvivare il fuoco, poi prese un libro dal tavolino e cercò di concentrarsi nella lettura. Tentativo patetico e inutile. Pensò allora a come sarebbe stato condividere il ranch con una donna, un pensiero che negli ultimi tempi ritornava spesso. Pensò a Renée che se ne era andata con Craig Haas. Pensò a Rosalyn, che gli riscaldava il corpo ma non il cuore. Poi pensò a Maggie. A come si era sciolta tra le sue braccia e a come si era sciolto lui quando l’aveva sentita fremere contro di sé.

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Dio, che stupido era stato a lasciarsi andare alla collera! Non era così che sarebbe riuscito a proteggerla. Perché, se non poteva averla, almeno avrebbe fatto di tutto per tenerla sotto la sua ala protettrice, come un pulcino indifeso. Per la verità, più che un pulcino indifeso in quel momento gli parve una gatta pronta a graffiare. Quando si decise a parlare, la sua voce uscì controllata e bassa. «Camille, state prendendo questa storia del giornalismo troppo seriamente…» La lingua di lei scattò come una lama acuminata. «Dal momento che mi pagate per farlo, dovreste esserne soddisfatto.» Già. Frank scosse la testa, irritato dalla logica inattaccabile di lei, poi si alzò e si sedette al suo fianco, abbastanza da poterne respirare il calore e il profumo. Per un istante temette che se ne andasse, ma invece rimase ferma, le mani in grembo, lo sguardo basso. «Voi non potete capire, Mr Raleigh…» «Cosa, di grazia?» «Cosa questo lavoro significhi per me…» Lui deglutì, cercando di non rispondere in modo affrettato, cercando di assorbire ogni più piccolo particolare di lei. Le mani sottili, la nuca bianca disegnata da alcuni riccioli sfuggiti allo chignon, il profilo perfetto, le lunghe ciglia, il seno armonioso che si muoveva al ritmo del respiro accelerato. Sospirando, si passò la mano fra i capelli e distolse lo sguardo prima che gli saltassero in testa delle pessime idee. «In effetti, non riesco a capire cosa significhi per voi. Non è che un lavoro, in fondo. Spiegatemelo, vi prego, Miss Brontee.» Con lentezza Camille si girò verso di lui, gli occhi che brillavano. «Ecco… significa tutto.»

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Fiona ritorna a Cape Love dopo undici anni, scrittrice di successo e con una bambina di dieci anni a carico... Quell’uomo era un coach, no?, quindi era normale che avesse un fisico coi fiocchi. Con un sospiro Fiona continuò la perlustrazione. Lo sconosciuto aveva anche de bei capelli castano chiari che si arricciavano appena sul collo, abbronzato e forte. Per un attimo, come in un déjas vu, ebbe la sensazione di aver accarezzato quei capelli, mentre quelle braccia forti la stringevano e quei fianchi stretti si muovevano contro di lei. Dentro di lei. Naaa. Solo un uomo, a CapeLove, l’aveva avuta, e quell’uomo – il fottutissimo bastardo di cui sopra - ora si trovava a Manhattan. Vide l’allenatore chinarsi verso Rachel ed ascoltarla con attenzione. Poi, con un senso di ansia crescente, lo seguì mentre si girava con lentezza impossibile e seguiva il punto che Rachel gli indicava con la mano. Quel punto era lei. Di colpo si sentì proiettata in avanti, senza cintura di sicurezza, come se il mondo all’improvviso si fosse fermato. Perché quello sconosciuto stava fissandola con due occhi blu che appartenevano ad un altro uomo? E perché aveva sul volto quell’ espressione sorpresa, immobile, come se il respiro non gli andasse né su né giù, esattamente come stava succedendo a lei?

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Il pastore augurò Buon Natale, il coro riprese a cantare e l’organo a suonare. Fu in quel momento che Maggie sentì che lui era vicino. Si girò appena e lo vide. Se ne stava in piedi nel corridoio centrale, a qualche passo da lei, lo Stetson fra le mani, un’espressione indecifrabile sul volto. Il sangue prese a correrle troppo veloce nelle vene e, per quanto faticasse ad ammetterlo, si sentì così felice che un sorriso le illuminò il volto, come se lui fosse tornato a casa dopo un lungo viaggio. Già, quale casa? Mitch, invece, rimase di pietra, come se la chiamata di Maggie non fosse che un’altra scocciatura da risolvere. Il sorriso si spense poco per volta sulle labbra di Maggie e gli occhi, prima ridenti, si strinsero in uno sguardo interrogativo. Se il cowboy preferiva che fra loro ci fosse il gelo, che gelo fosse. Non era obbligata a sorridergli, in fondo, né a far conversazione. Lo avrebbe solo ringraziato per il passaggio e poi, estranei come prima. Mitch le fece cenno con la testa di seguirla e, senza neppure aspettarla, ruotò su se stesso e si incamminò verso l’uscita del tempio. Maggie sentì il suo amor proprio reagire all’atteggiamento scostante di Mitch, ma decise di fingere un’indifferenza e una calma che non provava; si prese il tempo necessario per ringraziare i signori Curtis e per salutare le altre persone che, come lei, erano in fila verso l’uscita.

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Maggie chiuse gli occhi e contò sino a dieci. Uno, due, tre… Se voleva arrivare a casa di sua sorella prima che facesse notte, non aveva altra scelta che chiedere al cowboy di accompagnarla. Certo, avrebbe sempre potuto optare per il motel e attraversare quelle duecento iarde pullulanti di lupi. Un altro ululato. No, non avrebbe potuto. «Lupi» disse Mitch, il braccio sinistro che sporgeva indolente dal finestrino, il mozzicone del sigaro stretto tra le dita. «Lupi» ripeté lei con un’alzata di spalle, come se si trattasse di barboncini addestrati. Poi mosse un paio di passi esitanti verso il pick-up. Quell’affare era così alto che dovette allungare il collo e sollevare la testa per parlare al cowboy. «Mi chiedevo…» mormorò vincendo ogni residua resistenza. Lui rimase immobile, se non per il sopracciglio sinistro che scattò verso l’alto. «… se per caso tu non potessi darmi uno strappo.» Lui finse di prendere in considerazione la cosa. Poi, con un altro sbuffo di fumo, disse: «Mi sembrava che avessi rifiutato la mia offerta, dieci minuti fa...». «Perché non intendevo esserti di disturbo» rispose lei come se si stesse rivolgendo alla duchessa di Kent. E di fatti lui scoppiò a ridere. «Essermi di disturbo? Dopo avermi assalito come un ninja? Ma sarò magnanimo. Dai, sali.» Maggie tirò un sospiro di sollievo. Era così stanca e infreddolita che anche quel pick-up scassato le parve per un istante una limousine. «Dove metto la valigia?» «Buttala dietro, nel cassone.» Buttare nel cassone la sua Samsonite rosa, costata una cifra improponibile? «Preferirei sistemarla in cabina, se non ti spiace.» «In cabina non c’è posto, qua dietro è pieno di roba. A meno che tu preferisca viaggiare nel cassone e la valigia sul sedile…» Lei rimase zitta, gli occhi sgranati, per nulla certa che quella fosse solo una battuta. «Ok, ci penso io» tagliò corto lui, aprendo la portiera e scivolando a terra con un balzo. Afferrò il trolley per la maniglia e, senza un’altra parola, lo fece volare nel cassone. Oh! Il botto risuonò nelle orecchie di Maggie come una granata. Risistemandosi lo Stetson sulla testa, il cowboy girò intorno al pick-up e con un sorriso esagerato aprì la portiera del passeggero. «Sali, sorella di Suzie, o vuoi che dia una mano anche a te?»

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Mancano venti miglia a Limerick» disse, mostrandosi molto interessata al percorso. «So leggere i cartelli, grazie» rispose lui, gelido. Piera sbuffò. «Volevo solo rendermi utile, non mettere in dubbio le tue doti di maschio alfa!» La frase le uscì male, provocatoria senza volerlo essere, e infatti, piccato, lui emise un ah! alquanto sarcastico e batté il pugno con violenza sul volante, facendo suonare il clacson. Piera sussultò, sorpresa se non spaventata. «Mi sento di tutto, ti assicuro, tranne che maschio, alfa, beta o delta che sia.» Ecco, ci siamo. «E per il quieto vivere» proseguì lui, «farò persino finta che la notte scorsa tu non mi abbia trattato come un sex-toy…» Questa volta un ah! sarcastico uscì dalle labbra di Piera. «Un sex cosa? Scusa, non ho capito bene.» «Un sex-toy.» «Non so neppure cosa sia.» «Non ne avevo il minimo dubbio.» «Lo prendo come un complimento.» «Prendilo come vuoi. Coniglietti, AH!» «Cosa c’entrano i conigli, adesso?» «Lascia perdere.» «No, spiegati, per favore.» «Una che dorme con dei conigli addosso non può certo sapere cosa sia un sex-toy.» «Ohhh! La mia camicia da notte non è di tuo gusto? Va’ al diavolo, Jean!

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Milano, una scuola media statale, maggio 2014 «Professoressa, è arrivato un altro genitore, sa, per il colloquio…» Piera alzò gli occhi al cielo e guardò l’orologio: undici e dieci minuti. Dieci minuti di ritardo e nessun appuntamento. Sospirò. Parlare con un altro genitore voleva dire perdere quasi completamente l’ora buca che di solito utilizzava per correggere i compiti o fare qualche piccola commissione. E, accidempolina, aveva visto quell’abitino nella merceria di viale Brianza. L’unica merceria ancora aperta a Milano e l’aveva beccata lei! Dio, non era forse patetico comprare i vestiti in merceria? Forse solo sua nonna e le sue diaboliche amichette novantenni lo facevano ancora. Ma l’abitino era a buon mercato, semplice come piaceva a lei e… color grigio topo. Possibile che si vestisse solo di grigio? E senza nessuna dannatissima sfumatura, per giunta! Sorrise amaro, pensando ad altre sfumature, anche se non era quello il momento di piangere sulla sua castissima vita di single. Ora doveva incontrare il genitore ritardatario, privo di buona creanza e di un accidente di appuntamento. Be’, per questa volta avrebbe chiuso un occhio, anche perché forse si trattava della mamma di Diamante De Braud che aveva convocato già da un paio di settimane, ma che ancora non si era vista. Secondo Diamante, che tutti chiamavano Didi, la madre era in Irlanda a risposarsi da qualche parte. In Irlanda? A risposarsi con un leprechaun? Di certo un’altra frottola della ragazzina. Ok, era ora di vedere la genitrice inopportuna. «Le dica che arrivo fra cinque minuti, Flaminia» disse. La commessa la guardò con uno strano sorrisino sulle labbra. «Gli dica. È un papà. E non so se mi sono spiegata.» Non so se mi sono spiegata. No che non ti sei spiegata, Flaminia! Ora anche le commesse erano diventate petulanti? E quel sorrisetto ammiccante che diavolo voleva dire? Come se non avesse ricevuto nessuna gomitata metaforica nello sterno, finse di ributtarsi a capofitto sul compito che stava correggendo e con un che di acido rispose: «Gli dica, allora. Grazie». «Il genitore mi ha anche detto di dirle che lui ha molta fretta…» Piera alzò lo sguardo davanti a sé e sentì una fitta di rabbia trafiggerla. «È in ritardo e ha pure fretta?» Ora lo sistemo io, questo maleducato, pensò alzandosi con troppa foga e dirigendosi verso la porta con fare minaccioso. «Il registro, professoressa! Non dovrebbe portarlo con sé?» le ricordò Flaminia. Decisamente petulante. Trattenendo un’imprecazione, che in ogni caso non sarebbe stata molto più spinta di un perdindincibacco!, Piera si bloccò, girò su immaginari cardini e tornò sui suoi passi. Poi, a testa alta e col registro ben stretto in mano, passò di fianco a Flaminia che la guardava ancora con quello strano sorrisino. «Vedrà, professoressa, non se ne pentirà.» «Forse sarà lui, a pentirsene» mormorò lei tra i denti. Avrebbe detto il fatto suo a quel maleducato. Come no?

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Piera, la protagonista di Vuoi vedere che è proprio amore?, è una giovane donna che lavora. Professoressa di inglese alle medie, vorrebbe diventare fotografa...Chissà se ce la farà? Ecco un breve estratto. Lui, Jean, si presenta non invitato a casa sua e lei, dopo molti se e ma, lo porta nella sua camera oscura. Non pensate male! O forse pensatelo. "La seguì in una stanza illuminata solo da un paio di lampadine rosse. Un altoparlante collegato a un iPod stava diffondendo la voce di Paul McCartney. Hey Jude. Che fosse un segno del destino? Non che lui credesse a certe baggianate, ma quella era una delle sue canzoni preferite, di sempre. «Ti piacciono i Beatles?» le chiese fingendo un’indifferenza che non provava. «Oh sì. In genere adoro il rock classico. Ma i Beatles…» «Sono i Beatles. Punto.» «Punto, sono d’accordo. E Revolution è un grande album!» «Sei una donna piena di sorprese» disse, pensando al genere di musica scadente che piaceva a Jasmine. «Io? Piena di sorprese?» domandò ridendo, nello sguardo un luccichio improvviso. Nonostante la luce rossa, fu quasi certo che Bambi fosse arrossita, e a lui piaceva da morire quando lei arrossiva. I suoi occhi sembravano diventare più grandi e lei cominciava a mordicchiarsi il labbro inferiore. Come stava facendo in quel momento. «Benvenuto nella mia tana di fotografa dilettante» aggiunse lei dopo un istante. Jean si guardò intorno. C’era tutto l’occorrente per sviluppo e stampa. Alcune foto in bianco e nero erano pinzate con mollette da bucato a una corda che correva da una parte all’altra della stanza. Come biancheria ad asciugare. «Sono meravigliato» esclamò guardandosi intorno. «Una camera oscura in piena regola! Non posso credere che con la comodità del digitale tu ti dia tanta pena a far tutto da sola…» «Al contrario, adoro farlo. È il mio hobby segreto. E poi, solo così ottengo esattamente ciò che voglio. O quasi. Non nego che spesso qua dentro combino dei veri pasticci, ma chi non ne combina?»

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Primo giorno di navigazione 1 gennaio 1900, al largo della Costa Orientale degli Stati Uniti «Mr Benton, l’accompagno al suo posto al tavolo del comandante.» Con un piccolo cenno di ringraziamento, Ken seguì lo steward nella sfarzosa sala da pranzo dell’Oceanic II, tutta marmi, specchi e lampadari di cristallo, sino al tavolo centrale imbandito con una tale quantità di bicchieri e posate da mettere probabilmente in soggezione più di un commensale. Durante la traversata avrebbe diviso i pasti con il comandante, Mr Cameron, il suo vice, il medico di bordo e una ventina di passeggeri di prima classe, considerati, per varie ragioni a lui poco comprensibili, importanti.Ne aveva ricevuto l’elenco completo solo pochi minuti prima dal valletto che era andato a prelevarlo nel suo alloggio, per scortarlo, come un secondino, sino alla sala da pranzo: un trattamento di riguardo per i viaggiatori importantiche occupavano le suite del ponte principale del transatlantico. In realtà, Ken aveva sperato di poter trascorrere i cinque giorni della traversata da solo, a elaborare la delusione e a piangere sulla sua vita che non sarebbe trascorsa al fianco della donna che ancora amava disperatamente. E invece… era stato catapultato in un mondo dove gli obblighi sociali sembravano essere ancora più assillanti che sulla Quinta Avenue. Forse, a pensarci meglio, da domani avrebbe deciso di consumare tutti i pasti chiuso nella sua cabina, servito da Jim, il suo valletto. Forse ci sarebbe rimasto per tutti e cinque i giorni, chiuso nella sua cabina. Con l’umore nero che si ritrovava, che a dire il vero rasentava la disperazione, non aveva alcuna voglia di sorridere e scambiare chiacchiere inutili con un gruppo di spocchiosi aristocratici britannici e di suoi connazionali milionari, tutta gente che frequentava l’alta società della East Coast e Wall Street; come lui stesso, del resto. Sperò almeno di sedere vicino a uno degli ufficiali di bordo, in modo da poter intrattenere una conversazione che andasse al di là degli ultimi pettegolezzi. Compreso quello che probabilmente si era già diffuso in tutta New York e che riguardava la patetica rottura del suo fidanzamento con Camille Brontee. Dannazione! Se qualcuno gli avesse chiesto qualcosa a proposito, o vi avesse solo accennato, la tentazione di rifilargli un bel cazzotto sul naso sarebbe stata enorme. Si guardò la mano destra, ancora dolorante a causa del pugno che solo il giorno prima aveva tirato in faccia a Frank Raleigh, l’uomo per cui Camille lo aveva lasciato.

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    «Proprio un elfo snob doveva toccarmi in sorte?» le rispose divertito. «Allora, non mi rimane altra scelta che portarti in campeggio, prima o poi, o in canoa o a fare una nuotata nel lago.» Lei lo fissò con la sua più riuscita espressione Scordartelo disegnata sul volto. «Puoi guardarmi come vuoi, ma mai dire mai» ridacchiò lui. «Oh, invece mai è una delle mie parole preferite.» «Scommetto che ti piacerebbe…» «Cosa?» «Il campeggio. Le stelle, il silenzio, le foglie che mormorano al vento, sai, quelle cose lì.» «Per non parlare di orsi, insetti e magari di qualche serpente che ha perso la strada di casa. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Sono un elfo cittadino a tutti gli effetti e ho il terrore di tutto ciò che si muove e che non sia addomesticabile.» Lui la fissò con aria divertita. «Incluso il sottoscritto?» Le si era avvicinato troppo e ora la fissava come se volesse divorarla, in modo così sfacciato che, per puro istinto di sopravvivenza, arretrò di un passo. Non abbassò lo sguardo ma per qualche attimo non seppe cosa rispondergli. Non che avesse dubbi che la categoria esseri viventi non addomesticabili e pericolosi includesse anche lui, almeno a dar retta a tutte quelle farfalle che le svolazzavano nello stomaco, ma come avrebbe potuto rispondergli sì? Così gli sorrise a sua volta, pronta all’ennesima bugia. «Sono convinta, predatore, che tu, nonostante i grugniti e i continui brontolii e la tua probabile parentela con un grizzly, sia molto addomesticabile.» Lui alzò un sopracciglio, con un’espressione da schiaffi da premio Oscar.

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Pur essendosi ormai rassegnata a tenere il cappello fermo con la mano destra, con la quale reggeva pure l’ombrellino e una piccola borsa di velluto blu, Miss Portland procedeva spedita, lo sguardo fisso a terra, ormai a pochi metri dal calesse di Maylon. E lo avrebbe superato senza prestare alcuna attenzione, né all’uomo che lo guidava né al cavallo che lo tirava, se l’ottavo conte di Maylon non ne fosse smontato con un salto e non le si fosse parato davanti sbarrandole la strada. «Miss Portland, è un piacere insperato incontrarvi.» Sophie sussultò e sollevando lo sguardo si trovò di fronte quell’uomo. Che nelle ultime due settimane tante volte era riuscita abilmente a evitare. Lo fissò senza nascondere la propria sorpresa e, con un semplice «Lord Maylon» e una frettolosa riverenza, si apprestò a proseguire il proprio cammino. Tentativo sprecato, perché lui, di nuovo, le si parò davanti. Che cosa voleva da lei? «Ho appena fatto visita alla vostra madrina, illudendomi di incontrarvi, Miss Portland. Ma è evidente che non ho avuto questa fortuna. Così, quando vi ho vista, ho sperato che mi avreste fatto l’onore di lasciarvi ricondurre a casa.» La mano ancora sul cappello, il pericoloso ombrellino puntato verso di lui come una lancia in resta, Sophie socchiuse gli occhi come per osservarlo meglio e, senza giri di parole, gli chiese: «Per quale ragione, Lord Maylon, vorreste ricondurmi a casa, quando sono quasi arrivata?» *** Tutte le risposte che vennero alle labbra di sua signoria non avrebbero potuto essere riferite a Sophie senza il ricorso a imbarazzanti spiegazioni. Se le avesse detto che voleva riaccompagnarla a casa per poter rimanere finalmente solo con lei, anche se per pochi minuti, avrebbe dovuto spiegarle anche il perché di quel desiderio. Avrebbe dovuto confessarle che da quando si erano incontrati non faceva che pensare a lei. Con un’intensità fastidiosa e insistente, tanto da non essere più riuscito a guardare né tantomeno a toccare un’altra donna. No, questa spiegazione era fuori luogo, l’avrebbe scandalizzata: era una debuttante, dopo tutto. Avrebbe potuto dirle che voleva respirare il suo profumo, che sapeva di mughetti e viole, gioire del suo sorriso coinvolgente e pericolosamente sensuale, sentirsi circondato dalla vitalità e dal calore che il suo corpo sprigionava, ascoltare la sua voce e perdersi nei suoi occhi. Scartò anche questa ipotesi, ritenendo che tale risposta avrebbe potuto apparire a Miss Portland non solo esagerata ma del tutto sciocca. Quindi, con tono rude e sguardo severo, si limitò a fornirle più che una sola motivazione, un intero elenco di ragioni inappuntabili. «Primo, perché è tardi, Miss Portland, e Lady Rumphill era molto preoccupata che non foste ancora rientrata a casa. Secondo, perché la borsa che portate è talmente pesante che, se non ve ne liberate subito, domani avrete difficoltà a muovere le braccia... a proposito, quando contate di leggere tutti quei libri, Miss Portland?... e, terzo, perché altrimenti finirete col perdere quel delizioso cappello di paglia che a quanto pare non vuole rimanervi sulla testa. Forse perché la vostra testa è talmente dura da scoraggiare anche un cappello. Allora, salite o devo convincervi in altro modo?» «È questo che pensate della mia testa, my lord?» gli rispose lei, le labbra arrotondate in un Oh! oltraggiato. «Questo, e molto altro.» «Non oso davvero chiedervi cosa intendiate per molto altro, ma presumo sia meglio evitare di darvi quest’ulteriore soddisfazione.» E mentre diceva queste parole, docile docile Miss Portland gli permise di aiutarla a salire sul calesse, mentre lui, pur sorpreso dalla resa di lei, ancora sogghignava per quella risposta tagliente. ***

  • By Anonym
    Viviana Giorgi

    Un altro giorno stava per incominciare. Un altro giorno che si sarebbe spento in un’altra notte. La sua vita era un susseguirsi inutile di secondi, minuti e ore senza luce. Non c’era più luce in lui, né fuori di lui. Forse non era più neppure un essere umano. Forse era diventato una bestia. Sì, doveva essere così, almeno a giudicare dai peli che gli coprivano il volto e dai ringhi e grugniti con i quali ormai si esprimeva nella vana speranza di tener lontano il mondo. Ray predatore Raider fece per alzarsi dal divano che era diventato la sua zattera di salvataggio, ma ricadde pesantemente sui cuscini lasciando andare un sospiro disperato. Il male al ginocchio, da quando aveva interrotto gli antidolorifici, era insopportabile, ma almeno gli permetteva di rimanere lucido e di non dimenticare. Bussavano alla porta, ecco perché si era svegliato dal suo torpore. Anne, probabilmente, e la sua mania di portargli da mangiare quando lui avrebbe voluto solo bere. Si sdraiò di nuovo sul divano e si coprì la testa con un cuscino. Avrebbe finto di dormire, sì, e Anne se ne sarebbe andata.